Il coordinamento provinciale del Pdl di Prato ha organizzato per stasera lunedì alle 21 all’Hotel Palace una manifestazione di solidarietà al presidente Silvio Berlusconi dopo la gravissima aggressione di ieri pomeriggio a Milano. Interverranno il coordinatore provinciale Riccardo Mazzoni, il vicecapogruppo vicario Filippo Bernocchi, il capogruppo del Pdl in consiglio regionale Alberto Magnolfi, il presidente del consiglio comunale Maurizio Bettazzi e i capigruppo in consiglio comunale e in consiglio provinciale Roberto Baldi e Cristina Attucci.
“A forza di evocare la violenza politica, come ha fatto più volte Di Pietro scagliandosi quotidianamente contro Berlusconi, i violenti alla fine si mobilitano – afferma in una nota il coordinatore Mazzoni. Quando si evocano “schieramenti repubblicani a difesa della democrazia” individuando il capo del governo come pericolo per la democrazia, si crea oggettivamente un intollerabile clima di odio che porta a episodi come quello avvenuto a Milano. Ed è gravissimo che Di Pietro, professionista dell’odio, subito dopo l’aggressione abbia incolpato Berlusconi di essere lui l’istigatore della violenza. Questo è intollerabile e vergognoso. La misura è colma. Per questo stasera manifestiamo non solo per difendere Berlusconi, ma anche la democrazia”.
Ma come si fa ad organizzare certe cose contro l’odio politico e poi approfittarne per criminalizzare ancora l’opposizione!? Non la vede Mazzoni questa sua contraddizione?! Così si fa politica su fatti e persone che non riguardano le logiche e gli schemi politici, e automaticamente si legittimano certe pratiche. Capiamo bene che per un PDL in crisi questo sia soltanto l’ennesimo espediente di speculazione mediatica, per attaccare l’opposizione, ma il clima d’odio lo hanno creato quelli che dicevano “coglioni”, “comunisti sovversivi”, “costituzione bolscevica”, “magistrati politicizzati”, in una spirale di personalismo e di contrapposizione, senza rispetto per le stesse Istituzioni.
sottoscrivo il post di Tommaso. Bastava sentire Formigoni stamani – dico, Formigoni (quello che ha consegnato ai privati mezza sanità della regione più importante d’Italia) – per capire da che parte sia la strumentalizzazione. Formigoni e Di Pietro hanno usato argomenti simili, per quanto simmetrici. Formigoni (uno di cui De Mita ebbe a dire “certa gente si fa crescere la barba per mancanza di idee”) ha detto che la colpa è dell’opposizione perché fomenta l’odio. Se non è un provocazione gratuita questa.. e del tutto sprovvista di prova, poi! Auguri al presidente del consiglio, che si rimetta presto e bene. E che presto cada il suo dannoso governo che non ha dato una lira in più a chi le tasse le paga. tutti i mesi, in busta paga.
Alessandro, se dice che questo governo poteva fare di più per i lavoratori sono d’accordo con lei ma non è vero che non ha fatto niente per chi le tasse le paga.
Intanto la detassazione dei premi produzione, l’abolizione dell’ICI sulla prima casa (una delle tasse più odiose insieme al canone RAI), la riduzione del 20% dell’acconto irpef per chi compila il modello unico che in periodi di congiuntura economica non è poco.
Tenga presente che i partiti di sinistra le tasse le hanno sempre aumentate, il precedente governo Prodi non ha aspettato neanche la finaziaria per farlo, hanno cominciato appena eletti a fare decreti legge.
A questo Mazzoni, e a quelli che hanno la discutibile idea di condividere il suo “pensiero” (oddìo, pensiero…) avrei un paio di coserelle da raccontare.
Il 21 di luglio 2001 ero a Genova. Ho visto tutti i vostri soldati sprangare a sangue decine di persone; in Corso -scusate la parola- “Italia” ci hanno bersagliato ad altezza uomo con i lacrimogeni, accecato e fatti a pezzi a colpi di manganello; salvai le penne solo perché mi infilai, con altri, in una specie di fratta cespugliosa e poco mancò che non rimanessi dietro le linee nemiche, cosa che avrebbe potuto costarmi assai cara.
E fin qui niente di strano: nelle manifestazioni di piazza è roba da mettere in conto.
Quello che non avevo messo in conto era la copertura mediatica della vicenda.
Al mio ritorno fui accolto da decine di persone che avevano seguito la cosa come la presentavano le vostre stazioni televisive e che non si peritarono di farmi sapere che era un peccato che non fossi morto anch’io.
Delegittimati, disprezzati, odiati, fatti stranieri in patria a partire da allora. Si diffuse addirittura la diceria secondo la quale il sangue sulle pareti della Diaz, assaltata dal vostro esercito, era salsa di pomodoro.
La cosa andò avanti per anni, ed anni, ed anni. Una volta sul lavoro, e si era già nel 2005 o giùdi lì, sono andato ad un pelo da fracassare il grugno ad un grassone in cravatta che mi venne a dire sul viso che “quella volta a Genova peccàho un v’hann’ammazzaho tutti”.
Chi è che instaura un clima di odio?
Avete anche la faccia di frignare?
Un breve estratto dal sito de “Il Fatto Quotidiano”
La destra cavalca l’aggressione e il “clima di violenza”
Davvero l’aggressione a Silvio Berlusconi è avvenuta dentro un “clima d’odio” che ha preparato e generato l’attacco di Massimo Tartaglia?
No, risponde Emma Bonino, vicepresidente del Senato: “Non credo che il gesto di un mitomane si possa attribuire a un clima di violenza. Di mitomani è piena la storia, ma quel che più importa è capire come funziona la sicurezza del premier”. Non lo crede neppure Rosy Bindi, che a caldo aveva dichiarato che “tra gli artefici di questo clima c’è anche Berlusconi, il quale non può sentirsi solo una vittima”.
Qualche giornale e qualche tv hanno raccontato l’Italia come un paese attraversato da un vento d’odio. E hanno dipinto una Milano in preda alla violenza (“Due giorni di scontri”, ha titolato perfino il Corriere della Sera, evocando i “weekend di trent’anni fa”).
Orbene, trent’anni fa a Milano c’erano ricorrenti disordini di piazza, scontri con la polizia, ore e ore di guerriglia urbana. E c’erano i gruppi armati che compivano frequenti azioni terroristiche. Oggi niente di tutto ciò. Sabato 12 dicembre c’è stato qualche piccolo tafferuglio in piazza Fontana, risolto in una decina di minuti, dopo che era stato deciso, per la prima volta in città, di far svolgere una manifestazione in una piazza chiusa, in un recinto transennato in cui era stato impedito l’ingresso ai manifestanti.
Niente di paragonabile con l’Italia anni Settanta, ma neppure con le tensioni urbane e gli scontri di piazza oggi in altri paesi d’Europa, in Grecia, in Germania, nella Parigi delle banlieue…
Il giorno dopo, il gesto di Tartaglia. Indifendibile. Ma azione individuale, frutto del disagio mentale, non dell’opposizione politica.
Eppure il ministro della Giustizia Angelino Alfano ribadisce che “ciò che è successo a Milano al presidente del Consiglio non può essere derubricato al gesto di un folle, è una questione più complessa”. Così anche il ministro dell’Interno Roberto Maroni, che nega ci siano stati errori nel servizio d’ordine, benché la scorta dapprima non sia riuscita a evitare l’aggressione e poi, invece di portare via di gran carriera “la personalità” (come impone ogni manuale di sicurezza), abbia permesso al ferito di restare sul luogo.
“L’episodio gravissimo di Milano”, ha commentato Maroni, “trae le sue cause nel clima di contrapposizione violenta e nelle parole dettate dalla dialettica politica”.
Sulla stessa lunghezza d’onda tutti gli esponenti della maggioranza. Per il sociologo Guido Martinotti, docente al Sum di Firenze, il gesto di Tartaglia non è invece frutto dell’odio politico, ma semmai della competizione in una società mediatica: “A Berlusconi non ha gridato ‘fascista’ e neppure ‘buffone’, ma ha detto: ‘Io sono meglio di te’. Una reazione malata, dunque, alla visibilità mediatica, non un gesto politico. I re e le rockstar sono esposti a chi è fuori di testa. Io sono sinceramente dispiaciuto di aver visto la faccia insanguinata di Berlusconi, non ho provato alcun piacere. Ma nel caso specifico non c’entra lo scontro politico e neppure la tensione sociale: lo tsunami della crisi da noi arriverà tra qualche mese, e sarà fortissimo”.
“Se poi qualcuno evoca il clima d’odio – argomenta Martinotti – allora dobbiamo ricordare che da quindici anni il centrodestra dice ‘Non faremo prigionieri’ e bolla tutti gli oppositori come ‘comunisti’. È un meccanismo di violenza verbale che negli Usa conoscono bene e che sperimentò anche il presidente Roosevelt: si chiama red baiting, agitare un drappo rosso sotto il naso, per eccitare l’opinione pubblica conservatrice. Clima d’odio è la violenza verbale di certi ministri che danno consigli su come usare il tricolore; clima d’odio è stato, ieri, la tv di Vittorio Sgarbi che dava dell’assassino ai giudici ed è, oggi, la prosa di Vittorio Feltri che spara dossier sui ‘nemici’ del premier, usa toni da Curva Sud e termini che in Italia sono usati, con altri fini, solo dal Vernacoliere”.
Un altro ministro, Renato Brunetta, ha nel settembre scorso definito la sinistra “un’élite di merda”, lanciando poi il suo sinistro augurio: “Vadano a morire ammazzati”. Ma è lo stesso Berlusconi ad alimentare la “macchina dell’odio” con dichiarazioni a catena che contrappongono la legittimazione popolare di chi “ha avuto i voti” alle istituzioni democratiche, alla magistratura, alla Corte costituzionale, alla presidenza della Repubblica…Il 26 novembre è il premier che dà dei golpisti ai magistrati: “Si respira un clima da guerra civile, i pm vogliono farmi cadere”.
Di fronte a ciò, poco può fare chi tenta di raffreddare i toni, come il segretario del Pd Pier Luigi Bersani: “Io non sono né uno psicologo, né un esperto di sicurezza, e non mi piace che si parli in astratto di questo famoso clima: lasciamolo al vertice di Copenhagen”. Quello che non è possibile accettare, come cerca di spiegare Luigi De Magistris, dell’Idv, è che dal fermo rifiuto della violenza venga imposto di passare allo smantellamento dell’opposizione: “Il rifiuto della violenza non significa rinunciare a un’opposizione decisa alle politiche di Berlusconi e del suo governo. E anche alla denuncia di quel clima di scontro alimentato anche dalle dichiarazioni di Berlusconi che quotidianamente scalfisce la democrazia e lo Stato di diritto”.
Guy, contro chi mente sapendo di mentire e contro la follia conclamata non ci sono argomentazioni sensate che tengano. Una volta ero più possibilista.
Forse con i casi di follia conclamata c’è qualche speranza in più, ma non ci conterei troppo.
Lo so, ma sono un po’ duro ad arrendermi…