
Michele Del Campo
Si parla tanto di emergenza educativa in Italia ed a Prato. Sono sotto gli occhi di tutti le difficoltà che incontrano i giovani, e non solo, a consolidarsi nella comunità in cui vivono, a costruirsi un progetto di vita, a schiudere orizzonti di senso, a proporsi obiettivi positivi. Manifestazione di queste difficoltà è quanto si legge sui giornali di questi giorni relativamente a pestaggi di immigrati da parte di giovani, il vagabondaggio che caratterizza la vita giovanile, la demotivazione scolastica, il nichilismo…
L’origine della crisi della funzione educativa va ricercata nella trasformazione della cultura sociale e delle agenzie che producono tale cultura (famiglia, scuola, associazionismo….) nonché nei processi di inculturazione e socializzazione posti in essere dal sistema sociale. Tutto è diventato più complesso, più differenziato, più plurale producendo più incertezze e difficoltà di identità. Si sta producendo, oggi, una crisi di identità storico culturale che porta ad una relativizzazione dei sistemi di significato e ad una iposocializzazione. I luoghi dove avveniva la socializzazione, l’inculturazione, l’educazione (i luoghi di trasmissione – parrocchie, associazioni, mondi vitali) hanno anch’essi subito una trasformazione dovuta soprattutto ad una crisi di ruolo progettuale. Pur di mantenere le organizzazioni ci si è dimenticati dell’uomo e della donna, diventando così, questi luoghi, soggetti autoreferenziali, inseguendo la frammentazione prodotta dal consumo piuttosto che la costruzione di progetti di vita se non quella della “ vita propria” dove tutto diventa contingente. Alla complessità sociale, così come si manifesta, occorre rispondere con una complessità educativa fatta di socializzazione, inculturazione, educazione, cioè di una relazione intergenerazionale che vede un adulto riconosciuto, stabilire un rapporto con un giovane per far sì che questo acquisisca, coscientemente e criticamente, il patrimonio di valori, di norme, di codici che costituiscono la cultura ed il tessuto organizzativo della società in cui vive.
Nel processo di trasmissione di cultura sociale occorre trovare coerenza tra tutte le agenzie di comunicazione (famiglia, consumi, scuola, mass-media, associazioni) dove attraverso un lavoro di rete di questi si definiscono dei meta-obiettivi da condividere e realizzare nella propria azione.
Da dove partire per un progetto educativo? Cosciente che la famiglia ha un ruolo rilevante in questo processo, però altrettanto cosciente che l’organizzazione sociale ha delegittimato alcune sue funzioni, considerando che la scuola, nonostante la sua crisi, continua ad intercettare i giovani, per un lungo e fondamentale periodo della vita si potrebbe pensare di avviare delle esperienze di “trasmissione” proprio in questo luogo, oggi tanto bistrattato, intorno a cui far ruotare esperienze familiari, associative, di comunicazione. Certo occorre una scuola e del personale, docente e non, più motivante e motivato, dedito alla cultura di vita e meno ai contenuti e ancor meno alle competenze professionali che si possono costruire in altri luoghi. Penso che in questo percorso possono essere interessate anche agenzie della formazione professionale.
La scuola va caratterizzata come luogo della conoscenza di significati e di servizi, come connessione tra conoscenza, interessi e aspirazioni individuali, come mondo vitale. Perché allora non proporre alla scuola di essere un luogo di trasmissione allungando e qualificando la permanenza in essa durante lo svilupparsi della giornata? Perché non renderla luogo dove si impara a vivere il Noi come generatore dell’Io? Luogo di solidarietà e di amore alla vita e di reciprocità? Penso che chi è appassionato della vita debba mettersi a disposizione di un tale progetto fungendo da animatore – educatore. Perché non utilizzare i professori come task force (a partire da quelli di religione) per questo progetto? Un’idea che va al di là della trasmissione di nozioni o di dottrine, ma che aiuta le generazioni che devono costruirsi una vita nella società. Dio solo sa quanto ce ne sia bisogno oggi a Prato.
Per parlare di un progetto più completo, ma anche per arricchire queste brevi riflessioni, sono disponibile a discuterne. Penso che un grande contributo possa venire dalla Chiesa e da tutte le persone di buona volontà che vivono il proprio impegno in modo laico e che hanno a cuore le sorti del futuro di Prato.
Michele Del Campo
direttore Fil spa
m.delcampo@filprato.it